“Volevo dire solo due parole sul busto di Giovanni Venerucci, solo due parole, in quanto tutto quello che avevo da dire su questo eroe, l’ho detto realizzandone il ritratto.
Man mano che lavoravo a quest’opera, molto spesso mi soffermavo a riflettere sulla vita e sulle eroiche scelte di questo giovane uomo. Partì da Rimini dove lasciò la famiglia, gli amici e la madre, della quale immagino il dolore nel vederlo allontanarsi e ancor di più l’immenso strazio nel ricevere la notizia della sua eroica morte, perché condannato alla pena capitale e fucilato insieme ai Fratelli Bandiera. Muore lontanissimo dalla sua città, in Calabria, nel Vallone di Rovito, vicino Cosenza, il 25 luglio del 1844. Le sue spoglie verranno traslate a Rimini solo nel 1931.
Me lo sono raffigurato mentre davanti al plotone di esecuzione, offrendo con fierezza il suo petto al tiro dei fucili, gridava “Viva l’Italia, Via la libertà, Viva la Patria”, ed al tempo stesso andava col pensiero alla sua Rimini, alla famiglia, al suo borgo e lanciava ai posteri, col suo sguardo fervido ed ardente, un messaggio di speranza nella nascita della nuova Italia unita (che non fece in tempo a vedere) ed un monito: stava pagando con l’estremo sacrificio il sogno dell’unità e della libertà dell’Italia; che le future generazioni lo ricordassero e ne fossero sempre consapevoli, facendo la loro parte.”
Di seguito le parole che lo scultore dell’opera, Orazio Vitaliti, ha pronunciato durante la cerimonia: